Modernology in Yangon

Evening activities in secondary streets after shop closing time.

Rope elevator: given the higher ceiling height of houses and the lack of elevators many houses have ropes coming down to the side walk. These are used to get daily newspaper, food, as a door bell…

A strange gap next to the side walk used as an AC shelter…

In terms of diversity Yangon has nothing to envy to any city: a sinagogue, a hindu temple, a church and a mosque stand few hundred meters from each other.


Colourscape: who is afraid of colours? (why are european cities so gray?)


Thick green threshold:
A very interesting solution for the threshold between property and sidewalk. The outer fence was taken down, a thick vegetation is filtering between sidewalk and the cafe that is running just next to the building.


Canopies: cantilever shading and rain protection seem to be never enough


Literally life between buildings. Between two buildings that have nothing to inspire joy and activities a vibrant market takes place.


Sidewalk vendors adopt many well design solution to sell products while using the least amount of space.

This pharmacy has a foldable platform that at night gets back behind the shutter.

in the city centers all the buildings have back alleys often not used. There is great potential in them.


yangon has very large gutters! Finally a city in tropical climate that addresses this issue


There are still many houses,probably built by wealthy merchants,that have a portico. These spaces become very pleasant public areas with small street tea shop.


Face to face. Two facades so close to each other and yet so different.


interesting height gap between the area that shops can use and sidewalk.


 

The Burmes Harp

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The Burmese Harp (ビルマの竪琴 Biruma no tategoto?, a.k.a. Harp of Burma) is a 1956 black-and-white Japanese film directed by Kon Ichikawa. It was based on a children’s novel of the same name written by Michio Takeyama. It was Ichikawa’s first film to be shown outside Japan,[1] and is “one of the first films to portray the decimating [sic] effects of World War II from the point of view of the Japanese army.”[2] The film was nominated for the 1957 Academy Award for Best Foreign Language Film, during the first year that such a category existed.[3]

In 1985, Ichikawa remade the film in color with different actors.

Giornate birmane

A Yangon venni due anni fa, in compagnia di un costruttore franco-cino-laotiano alla conquista delle nuove opportunità che l’apertura del paese offriva. Andammo sul confine con la Tailandia in cerca di prati su cui costruire, per conto di qualche tycoon, due casinò per dare la possibilità ai ricci tailandesi di divertirsi perdendo ingenti somme di denaro. Sul percorso qualcosa andò storto così mi ritrovai febbricitante sdraiato sulla lobby del pavimento dell’hotel e dopo due soli giorni ritornai in Cambogia. Siccome il Myanmar ( per noi meglio conosciuta come Birmania) è la mecca dell’investimento ( anche speculativo) asiatico sapevo che un’altra opportunità si sarebbe riproposta. Cosi qualche mese fa un amica architetto giapponese mi ha chiesto di aiutarla per un progetto. Da tre giorni mi trovo a Yangon partecipando ad una lunga serie di incontri con costruttori e manager giapponesi: Suzuki l’idraulico che sembra un gran simpaticone e si inchina ad ogni frase, il signor Fiore che è qui da 20 anni ed è il re dei costruttori giapponesi, Tanaka l’elettricista che è un pò timoroso anche perchè disegna gli impianti senza guardare i disegni e propone di installare punti luce dove il soffitto non c’è. Per fortuna incontro anche Birmani come il signor Win che è un trafficone, dice di avere 4-5 attività commerciali che variano dal turismo all’allevamento di pesci e polli. Organizza anche scommesse e durante la cena mi chiede un pronostico per una partita dell’Empoli.

Yangon non l’ho ancora vista molto. L’impatto è con le strade a più corsie e le auto che sfrecciato per poi bloccarsi in lunghi ingorghi. Ci sono giovani coppie abbracciate o sedute nei parchi seminascoste dietro grossi ombrelli colorati. Comportamenti così diversi dai paesi limitrofi (come in sud asia) dove il contatto tra uomini e donne è quasi proibito in pubblico. Ovunque uomini in longyi. Poi caldo umido che ti stanca e annebbia la vista. Solo i forti odori provenienti dai ristoranti di strada risvegliano i sensi da questo torpore.

C’è molto Giappone sotto forma di investimenti, negozi, prodotti da 1$, compagnie di costruzione, materiali per impianti idraulici, macchine. Sembra quasi che il desiderio di conquista della seconda guerra mondiale abbia trovato nuove forme in questo capitalismo globale. La prima settimana la passo  a mangiare con loro, quelli che sono qui a lavorare in cerca di “comfort” come mi dicono una sera in un ristorante alla periferia di Yangon. Si stupiscono che alcune giovani giapponesi si siano sposate con dei Birmani e vivano sulla spiaggia dove non c’è elettricità. “Troppo stress senza elettricità” commenta l’ingegnere Campo Di Riso. Io provo a convincerlo che sia possibile vivere senza elettricità ma senza successo. Un pò stupito ritorno a mangiare l’insalata di seppie e mango verde.

Continua…